Ero così tanto incavolata che me ne sono andata sbattendo la porta…
Non capisce mai quello che intendo dire….
Vuole avere sempre ragione lei…
E’ sempre lui ad attaccare briga a me non va di litigare…..
Ha sempre da ridire su ogni cosa…….
A chi non è capitato, almeno una volta, di litigare con il proprio partner e di essersi sentito non compreso, non ascoltato, non riconosciuto? Le relazioni di coppia rappresentano un baricentro importante della vita affettiva delle persone e quando non funzionano comportano effetti negativi sulla salute e sul benessere del singolo e della coppia. Numerose ricerche infatti dimostrano che una relazione di coppia disfunzionale è un fattore di rischio per la salute. Solitamente si pensa che una coppia funziona quando non litiga, quando tra i partner c’è accordo. In realtà una relazione apparentemente priva di conflitti può essere più malsana di una con conflitti frequenti ma la questione non è, tanto “Litigare sì o Litigare no”, quanto imparare a stare nel conflitto e a trasformarlo in occasione di conoscenza di se stessi e dell’altro. Nella mia esperienza professionale rintraccio sempre più una difficoltà ad affrontare un conflitto e una maggiore facilità a ignorarlo o evitarlo. Ciò accade perché si è spaventati dal malessere e dalla sofferenza che un conflitto può provocare e anche perché in situazioni conflittuali non sappiamo cosa fare, come affrontarle, come gestirle. Un conflitto ignorato e/o evitato non si risolve da solo, anzi se non viene affrontato è probabile che si ripresenti in modo ancora più acceso, creando ulteriori difficoltà relazionali. Affrontare un conflitto diventa quindi una competenza fondamentale per leggere meglio se stessi, per osservare quelle parti di sé che non si conoscono e per instaurare relazioni sane. Tale competenza può essere sviluppata. Vediamo in che modo. Innanzitutto è opportuno aumentare la consapevolezza di cosa è il conflitto. Ognuno di noi possiede una rappresentazione mentale del litigio e questa influenza fortemente la modalità di porsi nel conflitto. Tale rappresentazione è legata in parte, alla propria storia personale cioè a come da piccoli abbiamo sperimentato le situazioni conflittuali, in parte alla cultura in cui siamo inseriti dove il termine conflitto evoca concetti e immagini sgradevoli e rimanda principalmente allo scontro, al contendere, all’aggressività, alla violenza. Veniamo inoltre educati a non litigare e da adulti sviluppiamo l’idea che “o si ha ragione o si ha torto” e di conseguenza che “o si vince o si perde”. In realtà il conflitto è una componente fisiologica delle relazioni umane, esso ne fa parte per il semplice fatto che viviamo continuamente a contatto con gli altri e la vicinanza fisica e l’interdipendenza sono fattori che possono favorire l’insorgere di conflitti. Infatti, le differenze di interessi, bisogni, valori danno luogo ad un problema a cui si associa un disagio emotivo. Il conflitto è quindi costituito principalmente da due componenti: il problema e il disagio emotivo. Quando un conflitto nasce, spesso su un oggetto esterno alla relazione (problema), porta con sé una parte emotiva per lo più inconsapevole, a volte anche molto profonda che coinvolge la propria storia personale e i propri tasti dolenti (disagio emotivo). Il disagio emotivo spinge principalmente o verso l’attacco o verso il ritiro. Si attacca l’altro nelle relazioni in cui sentiamo di avere più potere dell’altro o in quelle in cui ci preoccupiamo più di noi stessi che dell’altro. Viceversa, quando ci si preoccupa più per l’altro che per sé si è portati a subire e a non porre dei limiti al suo comportamento, pur di evitare discussioni, con esiti comunque negativi.
Il primo passo per imparare ad affrontare un conflitto è quello di diventare consapevoli delle modalità che utilizziamo nella relazione. Aumentare questa consapevolezza ci consente di modificare la nostra reazione al conflitto e iniziare a fare qualcosa di diverso.
Il secondo passo è quello di ascoltare ciò che stiamo provando, cioè aumentare la consapevolezza delle emozioni che si attivano in situazioni di conflitto. Le emozioni inconsapevoli infatti non ci consentono di vedere con lucidità il problema che ha attivato il conflitto e diventano il pretesto per attivare la conflittualità.
Il terzo passo infine, consiste nell’utilizzare una modalità comunicativa diversa cioè sviluppare la capacità di esprimere all’altro i propri sentimenti, desideri e bisogni e proporre delle richieste specifiche. La maggior parte delle volte, infatti, questi non vengono espressi e l’aspettativa è quella di essere compresi senza parlare attribuendo all’altro la capacità di leggerci nella mente. In realtà se nella relazione ci esprimiamo in modo esplicito, profondo e autentico l’altro sarà a sua volta più attento e disponibile e si potrà costruire una reciprocità relazionale che è il fondamento di una sana e armoniosa relazione di coppia
Bibliografia
Giannelli M.T. (2006). Comunicare in modo etico. Milano: Raffaello Cortina.
Gordon T. (2002). Relazioni efficaci. Come costruirle e come non pregiudicarle. Bari: Edizioni La Meridiana. 2002).
Novara D. (2011). La grammatica dei conflitti. L’arte maieutica di trasformare le contrarietà in risorse. Casale Monferrato: Sonda.
Rosenberg M. B. (1998). Le parole sono finestre oppure muri. Introduzione alla comunicazione non violenta. Reggio Emilia: Edizioni Esserci, 2003.
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