Sono solo emozioni?
Ho fatto un patto sai con le mie emozioni,
le lascio vivere e loro non mi fanno fuori”
Vasco Rossi
Quando penso alle emozioni mi viene in mente la tavolozza di un pittore e immagino che gioia, rabbia, tristezza, paura siano i colori con cui dipingere la nostra esistenza. Credo, infatti, che come un pittore sceglie i colori per dipingere il proprio quadro, così possiamo riconoscere ed esprimere le nostre emozioni e rendere la vita sana e gioiosa.
Le emozioni dette anche affetti, sentimenti, vissuti hanno un ruolo centrale nella nostra vita: influenzano la percezione che abbiamo di noi stessi, i rapporti che instauriamo con gli altri e il nostro stato di salute. Si tratta di un fenomeno multi componenziale e adattivo che coinvolge diversi livelli di funzionamento (neurologico, psicologico, cognitivo e motivazionale).
Nel mio lavoro sempre più persone hanno difficoltà a gestire le emozioni, cioè a riconoscerle ed esprimerle.
“Se un’emozione ti cambia anche il nome tu dalle ragione” dice il verso di una canzone di P. Turci proprio a sottolineare come lo stato emotivo che sentiamo influenza fortemente il modo di percepire noi stessi nel corso della vita. Tale percezione non è isolata ma è strettamente legata al contesto in cui ci troviamo. Quando proviamo una emozione gli altri infatti sono presenti sia fisicamente che come rappresentazione mentale e hanno un ruolo rilevante. Sentirci felici piuttosto che arrabbiati o tristi può essere influenzato dai rapporti che stiamo attualmente vivendo o che abbiamo vissuto in passato e può influenzare il nostro rapporto di vicinanza-lontananza dagli altri. Basti pensare che “la felicità predispone all’espressione di affetto, l’amore sollecita la vicinanza fisica e mentale con il partner, la tristezza attiva la ricerca d’aiuto, la rabbia e la paura spingono ad allontanarsi dall’altro” (Pennella 2015). Attualmente inoltre l’emotività è ancora vissuta come sinonimo di debolezza e di fragilità. La nostra società mitizza l’espressione delle emozioni a fronte di una valorizzazione della razionalità.
Ognuno di noi ha la capacità di gestire i propri stati emotivi ma spesso agiamo in modo inconsapevole, non utilizziamo le strategie più appropriate e lasciamo alla parte emotiva il timone della nostra vita. Numerose ricerche hanno dimostrato una correlazione tra l’incapacità a gestire le emozioni e il nostro stato di salute (pensiamo ai numerosi disturbi psicosomatici o ai disturbi cardiovascolari).
La gestione emotiva è la capacità di riconoscere, denominare e governare le proprie emozioni nella relazione con gli altri. Per imparare a gestire un’emozione dobbiamo innanzitutto acquisire la capacità di riconoscere i segnali che arrivano dal nostro corpo. Le emozioni infatti hanno una base fisiologica che coinvolge il sistema nervoso centrale, autonomo e endocrino.
Pensiamo ad esempio alla paura: quando avvertiamo un pericolo, il sangue fluisce verso i muscoli delle gambe, mentre il volto è meno irrorato e diventa pallido, ciò consente di fuggire e quindi di proteggerci dal pericolo. Il corpo è quindi un buon alleato per riconoscere le emozioni; più siamo consapevoli dei segnali corporei maggiore sarà la comprensione di quello che proviamo.
Le informazioni percepite a livello fisico vengono elaborate, successivamente, a livello cognitivo: viene attribuito un significato all’evento che ha scatenato l’emozione e individuata l’azione per fronteggiarlo.
Successivamente attraverso la comunicazione possiamo esprimere all’altro quanto abbiamo internamente sperimentato. Ciò consente di ricevere aiuto, comprensione, vicinanza.
Il processo emotivo consiste quindi in:
- riconoscimento (cosa sento nel corpo?)
- denominazione (dare un nome all’emozione)
- espressione (comunicare il proprio stato emotivo)
Gestire in modo efficace le proprie emozioni è fondamentale per instaurare relazioni sane e costruttive. E avere relazioni qualitativamente sane contribuisce alla nostra salute.
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